Filippo Avalle, un ritratto in opera
1954 – Scena campestre del varesotto alla maniera di Van Gogh.
L'inizio della storia
Filippo Avalle nasce da madre svizzera e padre italiano a Chêne-Bougeries (Ginevra) il 13 ottobre 1947.
Siamo un anno dopo la pubblicazione del Manifiesto Blanco di Lucio Fontana, un maestro ideale, il punto di riferimento per quella che Avalle sentirà come un’eredità artistica da sviluppare.
E lo farà accogliendo nel famoso “taglio della tela” l’indicazione di un’ulteriore dimensione dello spazio. Intraprenderà quindi concretamente il suo percorso artistico ‘oltre Fontana’ attraverso il metacrilato (plexiglas), materiale plastico con proprietà di trasparenza e opacità, che nasconde e rivela uno spazio oltre la tela.
Affascinato dalla complessità dell’opera di Leonardo, non dimenticherà mai la valenza anche progettuale del disegno che negli anni diventerà “stratigrafico”.
Gli inizi
Fra tradizioni e avanguardie, la scoperta del plexiglas
Già da bambino Avalle si cimenta nel copiare quadri famosi e riceverà lezioni private di disegno.
Dopo un periodo tra Varese e Milano, la famiglia si trasferisce a Torino per l’incarico del padre come professore di filologia romanza all’Università, mentre Avalle si iscrive al Liceo artistico. Nel suo studio, in una casa disabitata, realizza i primi dipinti a olio su tela con personaggi intimisti che si staccano da sfondi metafisici. È però con i dipinti polimaterici (‘quadri-forma’) che tenta il superamento della bidimensionalità e della cornice.
Viaggia sulla moto Guzzi e in tenda alla scoperta di luoghi d’arte in Italia. Si reca in Inghilterra per studiare la lingua, dipinge e comincia a vendere i suoi lavori.
Decisivo il 1966 per il consolidamento della sua scelta professionale e per il suo viaggio in Olanda per incontrare Helma Maessen, futura moglie, conosciuta in Inghilterra.
Insieme visitano musei in Germania, Francia e nei Paesi Bassi dove l’artista si aggiorna sulle nuove tendenze e approfondisce la conoscenza della pittura olandese e dei Primitivi fiamminghi.
Negli ultimi anni ‘60, iscritto all’Accademia Albertina di Torino, sviluppa il percorso intrapreso con i “quadri-forma” nello studio della casa di ringhiera di Piazza Gran Madre, e passa poi alle “vetrine”, rappresentazioni polimateriche con stoffe, carta stagnola, lamiere, carta vetro, legno e materiali plastici. Segue il periodo delle “terre”: paesaggi naturali con sabbia, terra, legno e paglia.
Dopo il matrimonio, la coppia si trasferisce nella casa-studio di Lungo Po Cadorna dove Avalle organizza mostre personali e collettive. Nel 1970, un periodo di lavoro al Centro Polimero Arte di Castiglione Olona segna una svolta: Avalle sperimenta l’impiego del metacrilato (plexiglas) che diventerà il materiale privilegiato per le sue opere.
Verso il futuro...
Un manifesto e la prima grande opera
Dopo il servizio di leva parzialmente trascorso a Milano, Avalle si trasferisce con la moglie e la piccola figlia Saskia nel capoluogo lombardo in Via Stendhal 65, in un appartamento dove pure lavora, prima di aprire lo studio.
Viene a contatto con l’ambiente culturale milanese e conosce Guido Le Noci, proprietario della Galleria Apollinaire. Le Noci vede le opere in mostra al Centro Culturale Rizzoli diretto da Vittoria Piazzoni Marinetti, si interessa al “Manifesto per una ripresa rivoluzionaria dell’arte”, firmato da Avalle con il filosofo Giovanni Bottiroli, e si convince a “fornire il passaporto” – è sua l’espressione – a un artista in cui crede. Viene così finanziata, dopo la prima grande opera Opera Labirinto, la seconda intitolata Helma Opera – Labirinto, realizzata nello studio di Via Liutprando a Milano, oltre alla pubblicazione del libro omonimo, scritto sempre in collaborazione con Bottiroli. A lavoro ultimato (1975), l’opera viene esposta per un anno intero nella Galleria Apollinaire.
Come il Beaubourg va in Germania...
... E un Opus Epicum a Palazzo Citterio
Per la terza grande opera, Labirinto senza filo d’Arianna, acquistata dalla B&B di Novedrate, Avalle trova un prezioso collaboratore nell’artista Maurizio Aprea. Viene fondata la “bottega”, attiva per sette anni, prima in Via Liutprando e poi in Via Roncaglia 25, vicino al laboratorio di Bruno Maiocchi, che farà conoscere ad Avalle i filtri interferenziali e le colorazioni sul metacrilato.
La Galleria Philippe Daverio, condotta con passione da Philippe Daverio e Paolo Baldacci, inaugura nel 1976 la prima personale di Filippo Avalle. Non ci si ferma qui. I galleristi decidono infatti per un finanziamento all’artista: inizia un periodo di sentita collaborazione da entrambe le parti e nasce un legame mai spento. In questi anni si amplia la rete di conoscenze e hanno luogo le prime mostre all’estero.
Nel 1978/79 la quarta opera Incendio a Beaubourg, finanziata da Sergio Consonni, mobiliere appassionato d’arte, viene esposta per un anno e mezzo presso il Wilhelm Lehmbruck Museum di Duisburg (Germania), su diretta iniziativa dell’allora direttore Siegfrid Salzmann. L’opera dedicata al museo parigino avrà una storia particolare, che potete leggere nella sezione In mostra.
Avalle ha nel frattempo iniziato da autodidatta i suoi studi di architettura e di scienza delle costruzioni: ne è testimonianza anche la quinta grande opera, La Feroce, nome con il quale gli operai della Fiat chiamavano l’azienda. Carlo Bertelli, allora Sovrintendente a Brera, propone di esporla a Palazzo Citterio, all’epoca in cantiere. Nel 1981 si realizza una delle “personali” più particolari e scenografiche dell’artista. In una delle sale si trova anche il disegno preparatorio di Atlanta Opus Epicum, figura umana “psicosomatica” e sesta grande opera (poi realizzata in plexiglas), per la quale Avalle studia manuali di anatomia accanto a testi di psicoanalisi: i disegni e le opere tridimensionali progettuali dedicate agli organi del corpo umano saranno esposti a Palazzo Citterio.
Oltreoceano, e poi sul Lago
Nel 1981 Avalle visita il Canada e New York su invito dei Grandi Magazzini Eaton di Montréal che affittano La Feroce, per un’esposizione nell’ambito dell’iniziativa “Promozione Italia”.
Al ritorno, cominciano i lavori alla casa-studio di Brienno, sul Lago di Como, dove la famiglia si trasferisce nel 1983 e qualche anno dopo nasce il figlio Jacopo Zeno.
La pubblicazione del libro Opere 1974-1986 segna il termine del periodo di finanziamento della Galleria Daverio, che l’anno successivo promuoverà una grande mostra personale dell’artista.
I contatti di Avalle con Milano rimangono vivi, come anche la presenza delle sue opere all’estero. Ci si prepara a una nuova fase, senza venire meno all’idea delle “grandi opere” e alla tensione verso quella che Avalle chiama l’“Opera Unica”, intesa come continua ricerca di una rinnovata integrazione di tutte le risorse della pittura, della scultura, dell’architettura e delle nuove tecnologie.
Architetture del volto: gli olotratti
Avalle intraprende la via della committenza.
Forte anche dell’esperienza di studi condotti per Atlanta Opus Epicum, si concentra sugli “olotratti”.
Il termine, da lui coniato, rimanda al ritratto tridimensionale stratigrafico che tende a una rappresentazione complessiva e mutevole del volto.
Inventa una tecnica dagli effetti molto suggestivi, ora “realistici” e pittorici, ora del tutto smaterializzanti, come negli “olotratti” di Ezra Pound (su commissione dell’editore Vanni Scheiwiller, che dedicherà ad Avalle una monografia nella collana “Arte Moderna”), e di Eugenio Montale, che l’artista aveva avuto occasione di frequentare da piccolo.
Architettura, illuminotecnica e design
Dalle aziende alle gallerie e ai musei
Gli interessi per l’architettura continuano a essere coltivati parallelamente e Avalle si trova pronto per la settima grande opera, Technopolis (1987), un ‘ritratto d’azienda’ per la Castek di Milano.
Per il CERN di Ginevra progetta una tensostruttura per il soffitto del Centro visitatori (1989): accanto ai calcoli ingegneristici per realizzarla, sulla sua scrivania di quegli anni trovano spazio i libri di Fritjof Capra e Daniele Del Giudice. Fulgido esempio di disegno architettonico in cui nuotano figure fantastiche saranno, qualche anno dopo, i due enormi pannelli disegnati per Gaia – Habitat interplanetario, pensati anche per una esposizione a soffitto.
Nel 1994 una nuova sfida architettonica: Avalle compie alcuni interventi artistici e funzionali sulla nave da crociera Costa Allegra disegnata dall’architetto Guido Canali. Per l’atrio della nave progetta e realizza la ottava grande opera: un Obelisco solare in plexiglas e vetro con filtri interferenziali e fibre ottiche.
Si apre da allora una ricca fase di sculture luminose, cui si aggiungono prima i led e più tardi le celle fotovoltaiche: ne sono testimonianza anche opere come Rugiada che realizzerà per una boutique di Mosca, dove si recherà nei primi anni del Duemila. Le sperimentazioni si manifestano pure in interventi architettonici e di design con materiali più tradizionali come il ferro e il legno, accanto al plexiglas, per porte, mobili, scale e lampade.
Sono gli anni in cui si infittiscono i rapporti anche con diverse gallerie: per lo Studio Gastaldelli di Milano prepara una serie di opere che rivisitano lo stile dell’architettura gotica, a Palladio è dedicato un ciclo esposto poi allo Studio Amedeo Porro di Vicenza, mentre il gallerista Mario Valente di Finale Ligure decide di dedicargli una mostra personale con un ampio catalogo e lo propone alle Fiere di Colonia e Francoforte, e più avanti a Milano e Bologna.
Grazie alla mediazione di Fernando Gianesini ha inizio una collaborazione con il Credito Valtellinese che consente, tra l’altro, l’esposizione per dieci anni di Incendio a Beaubourg al Refettorio del Palazzo delle Stelline a Milano.
Nel 1993 intanto Volker Feierabend aveva acquisito con la Fondazione V.A.F. le tre grandi opere Opera Labirinto, Helma Opera Labirinto e Atlanta Opus Epicum in vista di una collocazione museale, come accadrà anche con le esposizioni a Bonn, Karlsruhe e Rovereto. Sono gli anni anche in cui Avalle espone per la prima volta in Olanda: in particolare ricordiamo la mostra con il collega e amico Jurrien Strelitski all’ESTEC – European Space and Technology Centre.
Avalle partecipa a una delle ultime EXPO del millennio con una scultura a Lisbona, nell’ambito della esposizione mondiale dedicata a “Il futuro degli oceani”.
Anni Zero
Riflessioni sul mondo contemporaneo, anche con le nuove generazioni
Non lo avrebbe mai detto, ma poco più che cinquantenne, Avalle inizia a insegnare, superando l’iniziale ritrosia, dovuta al suo rispetto verso una professione che, a suo modo di vedere, richiede anche una maturità di esperienza nella “bottega-laboratorio”.
Per quasi vent’anni alla sua attività artistica affianca con passione quella di docente alla NABA (Nuova Accademia di belle Arti) di Milano, dove nel laboratorio della Scuola di Design insegna Tecniche, Materiali e Strumenti. Un’esperienza che tra insegnamento, sperimentazione e progettazione, ricrea l’atmosfera della “bottega” con i suoi allievi, che hanno modo di presentare i loro lavori in varie sedi espositive, oltre a collaborare alle sue opere.
Forte è l’impressione degli eventi contemporanei e delle catastrofi innescate dagli squilibri presenti nel pianeta: concepisce un ciclo di lavori dedicati alla tragedia dell’11 settembre, esposto in una mostra a Villa Erba a Cernobbio, ma si tiene accesa la speranza anche con l’opera Fiat lux, installata in comodato presso il Museo di Arte Plastica a Castiglione Olona (Varese), proprio dove, negli anni Settanta, era avvenuta la scoperta delle potenzialità del plexiglas.
È il momento della nona grande opera, la Via Crucis, realizzata per la Nuova Chiesa di Montegrosso d’Asti. Qui i motivi sacri delle quattordici stazioni si intersecano con richiami a temi drammatici del nostro tempo. Viene pubblicato un corposo volume dedicato all’opera e alla chiesa, inaugurate in una cerimonia pubblica dal vescovo di Asti e dall’arcivescovo di Torino.
Nel frattempo Avalle ultima Sintesi, la decima grande opera, risultato di quattro anni di lavoro ed esposta alle Fiere di Bologna e di Milano (2006), poi allo Studio Lattuada di Milano, in occasione di una mostra personale presentata da Philippe Daverio.
Su commissione del Credito Valtellinese, Avalle realizza l’anno successivo l’undicesima grande opera, l’Ultima Cena, che testimonia la convivenza di etnie e fedi diverse.
I lavori per la Casa Museo
Si apre nel 2022
Nel 2020 iniziano i lavori di ristrutturazione dell’Atelier, in parte destinato alla creazione di un piccolo museo a partire dagli anni Sessanta a oggi.
Sarà così messa in luce l’idea “Opera Unica” iniziata nel 1975 all’epoca delle “opere labirinto”.
In primavera 2022 è prevista l’inaugurazione: ai visitatori trovare il loro filo d’Arianna di questo percorso. Che non si chiude qui.
…È iniziata ``La storia dell'uomo riccio``
Negli ultimi dieci anni è impegnato in un ciclo di sculture precedute da disegni sul tema “La storia dell’uomo riccio – Omaggio ad Anna Politkovskaja”, per il progetto di un “teatrino mitopoietico” con la collaborazione del regista Maurizio Maravigna.
Vi affianca la realizzazione di un grande disegno a colori e la stesura di un “manoscritto miniato” ancora in corso (400 tavole) contenente un testo drammaturgico con illustrazioni, disegni, fotografie e immagini di riprese video delle sculture “messe in scena”.